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martedì 29 ottobre 2024
IL FILM IDDU, UN CAPOLAVORO CHE FA SCOPPIARE SUI SOCIAL POLEMICHE SULLA MAFIA ED IL SUO MITO
Il film Iddu, diretto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, con protagonisti gli attori pluripremiati a livello nazionale e internazionale, Elio Germano e Tony Servillo, in uscita nelle sale dal 10 ottobre ha generato ampi dibattiti, portando in scena una rappresentazione intensa e provocatoria della realtà mafiosa e della corruzione politica in Italia. L’ispirazione alla vita del boss Messina Denaro, interpretato da un profondo Elio Germano, è solo un punto di partenza per una riflessione più ampia: il film esplora un sistema che non si limita al singolo individuo, ma investe una rete complessa di connivenze e collusioni. Il cambiamento del titolo da ‘Il latitante’ a ’Iddu’, avvenuto dopo la cattura di Messina Denaro, rivela il desiderio di allontanarsi dalla cronaca per tratteggiare il fenomeno mafioso come un male diffuso e, purtroppo, radicato nella cultura e nella politica.
La Sicilia, nel film, appare come un territorio martoriato e ostaggio di un potere oscuro che travalica l'azione del singolo boss. L'abusivismo edilizio e la corruzione dilagante sono rappresentati come sintomi di un sistema che lascia poche speranze di riscatto. Emblematica è la scena in cui il boss, ospite di un Senatore, pronuncia un monologo intriso di cinismo e fatalismo, suggerendo che la degenerazione sociale sia inevitabile: «dieci generazioni passarono da Adamo a noi e degenerarono, dieci generazioni passarono da noi a Abramo e degenerarono, due generazioni sole passarono tra le signore scosciate e le nipoti, come vede e degenerare è il nostro destino.» Questa sequenza è una potente critica al potere politico e alla sua degenerazione morale, esprimendo l'idea che la mafia non si riduca a una piaga isolata ma a una cultura corruttibile, con la partecipazione di politici corrotti.
In film apparentemente cupo, propone molti spunti di riflessione dove la filosofia del male la fa da padrone, ma questo è anche un prodotto cinematografico dove si ride, forse a denti stretti, e ci interrogandosi su come sia stato possibile tutto questo in un paese che si definisce democratico. Meritevole di nota è anche la considerazione che il boss (rappresentato da Elio germano) fa dell’essere umano e della morta: « siamo solo giorni contati» afferma, «neanche la morte ha più valore.»
La polarizzazione del pubblico, in parte indignato per la rappresentazione del boss come figura centrale, solleva una questione importante: Iddu è un'operazione di mitizzazione o una denuncia? E perché nel 2024 ci si indigna ancora tanto quando si parla di mafia? Non era anche in passato interpretata da attori come Marlon Brando in Don Vito Corleone nel ‘Padrino’, o Tano Cariddi nella indimenticabile serie televisiva ’ la Piovra’, e Robert de Niro in Al Capone nel film ‘gli Intoccabili’? Sì è forse gridato allo scandolo per questi capolavori? Ci si è mai indignati nel vederli sul grande o piccolo schermo?
Grassadonia e Piazza sembrano puntare a un messaggio che sfugge alla mera cronaca, lasciando un ampio spazio alla riflessione sull’Italia come Paese, dove i meccanismi della criminalità organizzata si innestano in profondità. L'uso di elementi ironici e momenti di leggerezza contribuisce ad ampliare questa riflessione, offrendo al pubblico non solo un ritratto scuro, quasi tetro della nostra realtà, ma anche uno spunto per comprendere come la società possa riflettere e indignarsi su tali orrori.
Il dibattito è aperto, e il vero messaggio di Iddu si rivela forse solo alla fine della visione, spingendo a chiedersi se non sia proprio la visibilità su queste figure a scuotere le coscienze piuttosto che a idolatrare.
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