giovedì 31 ottobre 2024

IL FILM BERLINGUER LA GRANDE AMBIZIONE

Ieri, 30 ottobre, è stato proiettato al MultiAstra di Padova il film Berlinguer, La grande Ambizione, diretto da Andrea Segre e magistralmente interpretato da un pluripremiato,non da ultimo alla Festa del Cinema di Roma, Elio Germano. La storia si concentra sui cinque anni di vita dell'allora segretario del PCI, Enrico Berlinguer, dal 1973 al 1978, anni in cui il politico teorizzò e lottò per la realizzazione del "compromesso storico", ossia la volontà politica di unire il Partito Comunista in un'alleanza con la Democrazia Cristiana, allora al governo, e altri partiti, di cui però non si fa menzione. Nonostante il racconto copra un breve lasso di tempo e l'attore protagonista interpreti alla perfezione il ruolo assegnatogli, spersonalizzandosi in un Berlinguer a tutto tondo, il film non decolla. La narrazione appare pedante, lenta e, a tratti, addirittura soporifera. L'impressione è quella di trovarsi di fronte a un interminabile comizio politico, in cui il protagonista concentra tutta la sua esistenza, intervallata solo da qualche brevissimo stralcio di quotidianità. A nulla valgono il buon girato e le eccellenti interpretazioni del cast per suscitare pathos nello spettatore, poiché Berlinguer viene descritto come una macchina politica, un automa privo di empatia verso il pubblico. Nel film, infatti, non compaiono i suoi difetti, le sue caratteristiche, se non quella fisica, né i suoi momenti bui o di esaltazione; prevale una pacatezza allarmante che porta a chiedersi spontaneamente se questo fosse un uomo o un robot. Nonostante le premesse ci fossero tutte, siamo ben lontani dalle grandi storie come Malcom X, I Cento Passi, o la stessa fiction Rai dedicata a Guglielmo Marconi, dove le difficoltà della vita si mescolavano sapientemente alla gioia, all'ira, allo sconforto, al bisogno di supporto familiare o al confronto con amici e compagni di partito. La sceneggiatura risulta debole, puramente istruttiva, come lo stesso regista e sceneggiatore hanno dichiarato, avendo trascorso moltissimo tempo negli archivi storici per le loro ricerche. Essa, purtroppo, è priva di quella magia che rende un racconto indimenticabile, capace di entrarti nel cuore e lasciarti un'emozione indelebile. Si rivivono, certo, i bei momenti di un periodo ormai passato, come le lotte e le proteste degli anni '70 nei frammenti di repertorio proposti durante il girato, e la nostalgia di una grande illusione, poi rivelatasi nel fallimento odierno di una sinistra inesistente. Tuttavia, la sensazione preponderante è di aver letto un bignami, essersi informati su Wikipedia o su YouTube, come qualcuno in sala ha fatto notare. A questo punto, ci chiediamo se il film volesse mostrare in modo asettico i cinque anni di un uomo politico importante per la storia del nostro paese, o se intendesse paragonare le grandi ambizioni e lotte dell'allora Partito Comunista con i suoi attuali eredi, o ancora se volesse mostrare gli ideali di una sinistra passata con la speranza che possano ritornare. Alla domanda su «quale grande ambizione avesse la realizzazione di questo prodotto cinematografico» neppure il regista ha saputo dare una risposta, lasciando agli spettatori ‘L'ARDUA SENTENZA’ citando il nostro sommo poeta Dante Alighieri. Vero è che, una volta terminato il film, resta ben poco di tutti quegli interminabili dibattiti e teorie politiche, se non il volto di un immenso Elio Germano, capace, con la sua professionalità e doti recitative encomiabili, di rendere un girato scarno visibile al pubblico pagante.
L'ATTORE ELIO GERMANO IN UNA SCENA DEL FILM

martedì 29 ottobre 2024

IL FILM IDDU, UN CAPOLAVORO CHE FA SCOPPIARE SUI SOCIAL POLEMICHE SULLA MAFIA ED IL SUO MITO

Il film Iddu, diretto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, con protagonisti gli attori pluripremiati a livello nazionale e internazionale, Elio Germano e Tony Servillo, in uscita nelle sale dal 10 ottobre ha generato ampi dibattiti, portando in scena una rappresentazione intensa e provocatoria della realtà mafiosa e della corruzione politica in Italia. L’ispirazione alla vita del boss Messina Denaro, interpretato da un profondo Elio Germano, è solo un punto di partenza per una riflessione più ampia: il film esplora un sistema che non si limita al singolo individuo, ma investe una rete complessa di connivenze e collusioni. Il cambiamento del titolo da ‘Il latitante’ a ’Iddu’, avvenuto dopo la cattura di Messina Denaro, rivela il desiderio di allontanarsi dalla cronaca per tratteggiare il fenomeno mafioso come un male diffuso e, purtroppo, radicato nella cultura e nella politica. La Sicilia, nel film, appare come un territorio martoriato e ostaggio di un potere oscuro che travalica l'azione del singolo boss. L'abusivismo edilizio e la corruzione dilagante sono rappresentati come sintomi di un sistema che lascia poche speranze di riscatto. Emblematica è la scena in cui il boss, ospite di un Senatore, pronuncia un monologo intriso di cinismo e fatalismo, suggerendo che la degenerazione sociale sia inevitabile: «dieci generazioni passarono da Adamo a noi e degenerarono, dieci generazioni passarono da noi a Abramo e degenerarono, due generazioni sole passarono tra le signore scosciate e le nipoti, come vede e degenerare è il nostro destino.» Questa sequenza è una potente critica al potere politico e alla sua degenerazione morale, esprimendo l'idea che la mafia non si riduca a una piaga isolata ma a una cultura corruttibile, con la partecipazione di politici corrotti. In film apparentemente cupo, propone molti spunti di riflessione dove la filosofia del male la fa da padrone, ma questo è anche un prodotto cinematografico dove si ride, forse a denti stretti, e ci interrogandosi su come sia stato possibile tutto questo in un paese che si definisce democratico. Meritevole di nota è anche la considerazione che il boss (rappresentato da Elio germano) fa dell’essere umano e della morta: « siamo solo giorni contati» afferma, «neanche la morte ha più valore.» La polarizzazione del pubblico, in parte indignato per la rappresentazione del boss come figura centrale, solleva una questione importante: Iddu è un'operazione di mitizzazione o una denuncia? E perché nel 2024 ci si indigna ancora tanto quando si parla di mafia? Non era anche in passato interpretata da attori come Marlon Brando in Don Vito Corleone nel ‘Padrino’, o Tano Cariddi nella indimenticabile serie televisiva ’ la Piovra’, e Robert de Niro in Al Capone nel film ‘gli Intoccabili’? Sì è forse gridato allo scandolo per questi capolavori? Ci si è mai indignati nel vederli sul grande o piccolo schermo? Grassadonia e Piazza sembrano puntare a un messaggio che sfugge alla mera cronaca, lasciando un ampio spazio alla riflessione sull’Italia come Paese, dove i meccanismi della criminalità organizzata si innestano in profondità. L'uso di elementi ironici e momenti di leggerezza contribuisce ad ampliare questa riflessione, offrendo al pubblico non solo un ritratto scuro, quasi tetro della nostra realtà, ma anche uno spunto per comprendere come la società possa riflettere e indignarsi su tali orrori. Il dibattito è aperto, e il vero messaggio di Iddu si rivela forse solo alla fine della visione, spingendo a chiedersi se non sia proprio la visibilità su queste figure a scuotere le coscienze piuttosto che a idolatrare.

venerdì 18 ottobre 2024

LETTERA ALL' ATTORE ELIO GERMANO DA UNA PROF.

 

L'attore Elio Germano

Pubblichiamo di seguito la lettera di risposta alle affermazioni dell’attore Elio Germano da parte di una professoressa, perché questo blog crede nella libertà di parola e di opinione.

Caro Signor Elio Germano,
sono una professoressa di lingue, precaria, nonché sua ammiratrice, e le scrivo dopo aver ascoltato la sua intervista del 16 ottobre in occasione della Festa del Cinema di Roma. Sono rimasta esterrefatta dalle sue parole, che qui riporto: «Come esseri umani abbiamo una concezione molto più individuale, in competizione l’uno con l’altro, e non collettiva. E questo si esprime nei nostri posti di lavoro, purtroppo. Anche i medici pensano più al profitto e alla propria carriera personale che a curare le persone. GLI INSEGNANTI LA STESSA COSA…».
Mi sento dunque spinta a risponderle, poiché identificare la classe docente come un gruppo di individui che mira al proprio profitto personale mi è apparso alquanto ingrato, scorretto e immotivato.

Non so se le è noto che gli insegnanti, specie quelli delle scuole superiori, dove lavoro attualmente, hanno in media 18 ore di lezione settimanali, spesso non consecutive, e dunque con parecchie ore ‘buche’ non retribuite. E, se va bene, le svolgono nel medesimo istituto; altrimenti sono costretti a recarsi in altri plessi, spostandosi in auto, autobus o bicicletta per diversi chilometri, correndo come pazzi e spendendo soldi propri in orari che, nella gran parte dei casi, non ci agevolano affatto.
In aggiunta a ciò, ci sono gli interminabili consigli di istituto e di classe, organizzati dalle 14:00 fino alle 19:00 in giorni diversi, con lunghe pause non retribuite. Senza contare la preparazione di lezioni interessanti per gli studenti e la correzione di centinaia di compiti, perché questo è il totale degli allievi che ci assegnano. Moltiplichi tale numero per almeno due verifiche scritte a quadrimestre, e vedrà che correggiamo almeno quattrocento compiti all’anno, senza contare i compiti per casa, necessari per svolgere un lavoro educativo decente e per consolidare la preparazione e sanare le lacune.

A quanto descritto si aggiungono i quotidiani vilipendi che ci ‘regalano’ i nostrii presidi, le offese e, purtroppo, a volte le aggressioni, ci si augura solo verbali, da parte di genitori e alunni, oltre all’infinità di comunicazioni giornaliere che siamo costretti a leggere. Mi dica, dunque, se un insegnante, specie se precario, sceglie questo mestiere per profitto?

Secondo lei, signor Elio Germano, un insegnante, con uno stipendio di 1.500 euro al mese, se va bene, sceglie questa professione per avanzare di carriera? E quale profitto vede in uno stipendio simile, considerato il lavoro che le ho appena descritto, svolto ogni anno in una scuola diversa, con classi sempre differenti, dove è difficile instaurare un piano educativo continuo e rapporti essenziali per gli allievi? Ci paragonerebbe davvero a medici o, ancora peggio, a politici?

Le assicuro, signor Elio Germano, che l’ambiente scolastico non è quello da lei magistralmente interpretato nel film Confidenze, dove l’unico problema del professore era scrivere la parola ‘AMORE’ alla lavagna e gestire un rapporto ambiguo con una studentessa. Nella vita reale ci sono i PCTO da organizzare, le uscite didattiche, i PDP, i PEI, i DSA, i BES, e chi più ne ha più ne metta, con ore e ore di burocrazia che, secondo lei, ci vengono retribuite? Tanto da scegliere questa professione per ‘far profitto ’, come ha affermato?

Non conosco la fonte delle sue informazioni, forse proviene da sua moglie, che ho letto essere un’insegnante di sostegno, notizia di cui non sono certa, poiché lei tiene molto alla sua privacy. Non mi è noto quanto sua moglie guadagni o come lavori, però la maggior parte del corpo docente rispecchia la mia descrizione, e ritengo sinceramente inappropriate le sue affermazioni. Dopotutto, anche i suoi film vengono talvolta finanziati con fondi pubblici da ‘mamma Rai’, e nessuno le viene a fare i conti in tasca, accusandola di pensare al profitto anziché alla buona riuscita del film. Si ammira e apprezza il suo lavoro o lo si critica, ma senza accusarla di essere avido o di pensare solo alla carriera.

Spero che, con questa mia lettera, le sia chiaro il faticoso lavoro dell’insegnante, cui la società affida anche il gravoso compito di affrontare qualunque problema riguardi i giovani: bullismo, bande criminali, droga, sessualità, questioni di genere, queer, lesbiche, omosessuali.
Mi auguro che la prossima volta non parli con superficialità, ma possa affrontare, anche grazie a queste nuove informazioni, la complicata questione dell’insegnamento con cognizione di causa, come lei, signor Germano, da vero professionista, fa sempre quando si prepara ai suoi ruoli.

Cordialmente,
Luisa

 

giovedì 17 ottobre 2024

Una serata in omaggio a Matteotti e Gramsci: tra letture, musica e memoria storica




Giovedì 17 ottobre, presso il Centro Parrocchiale San Sebastiano di Vigonza, si è tenuta una serata speciale dedicata alla memoria di due figure simbolo della lotta contro il fascismo: Giacomo Matteotti e Antonio Gramsci.
 L’evento, caratterizzato da letture, poesie, musica e proiezioni video, ha visto una grande partecipazione e l'intervento di figure di rilievo.
 La serata è stata introdotta e coordinata da Lorenzo Cassandro, che ha accompagnato il pubblico in un viaggio nella storia italiana del primo Novecento. Attraverso l’approfondimento delle origini di Matteotti, il contesto della sua attività antifascista e la brutale uccisione che ne conseguì, si è ripercorsa l’ascesa del fascismo in Italia e le gravi conseguenze sociali e politiche del periodo. 




Tra i partecipanti, la storica Annalisa Almasi ha contribuito con una riflessione sul significato politico e umano delle figure di Matteotti e Gramsci, mentre l’attore Angelo Renier ha offerto una lettura intensa di testi dedicati ai due uomini.
 Il poeta Antonio Peruzzo, con versi profondi e toccanti su Matteotti, ha sottolineato il valore della poesia come strumento di memoria e resistenza. 




Il tutto è stato accompagnato dalla musica di Roberto Trombesi, che ha dato voce e atmosfera al ricordo di questi protagonisti della storia. 




Oltre a Matteotti, si è ricordata anche la figura di Antonio Gramsci, segretario del Partito Comunista e anch’egli strenuo oppositore del regime fascista. La serata ha offerto uno spaccato sulla sua prigionia e sulla sua instancabile lotta per la libertà e la giustizia, mettendo in luce la comunanza d'intenti e di ideali tra Gramsci e Matteotti, uniti nel sogno di un’Italia libera dal fascismo.




 L’evento si è concluso con un sentito ringraziamento al pubblico, accorso numeroso, e con l’auspicio che la memoria di Matteotti e Gramsci continui a ispirare le generazioni future, ricordando loro il valore della democrazia e della resistenza ai totalitarismi.